Non esiste grande genio senza una dose di follia.

venerdì 30 novembre 2007

Scendo alla prossima.


Aspetto. Aspetto sulla piattaforma traballante di questo tram che è la vita, con in tasca un biglietto di sola andata già timbrato, per questo viaggio in cui " non si ripassa dal via". Aspetto. Aspetto che si liberi un sedile, come un posto nel mondo, che mi toglierà dal mezzo e da questa posizione precaria. Nel frattempo però mi attacco alle maniglie, che sono i sogni, le speranze, i desideri, per tutti quelli che come me, quel posto, non l'hanno ancora occupato. Un'appiglio sicuro, forse l'unico, per evitare di cadere ad ogni fermata e scossone di questo cigolante filobus. Ad ogni sosta scende qualcuno, a volte persone che conosci appena, a volte invece scende chi è con te da sempre, chi è salito con te direttamente dalla stazione. Con te ha percorso tutto il tragitto, condiviso le emozioni, i cambiamenti di paesaggio, quegli scossoni improvvisi e il più delle volte ti ha teso la mano un'attimo prima che cadessi, perchè distrattamente hai mollato la presa. Quando scendono questi compagni di viaggio è più doloroso, li vediamo premere quel bottone per prenotare la fermata e ne sentiamo già la mancanza. Resta però quello che ci hanno insegnato durante il percorso, quel poco di loro che ci hanno trasmesso, regalato, amara consolazione di un sostituto invisibile. Poi ci sono quelli che inaspettatamente salgono ad una tappa che non era prevista e condividono con te il resto del viaggio, lì, nel mezzo, attaccati a quelle maniglie, spalla a spalla, come soldati in trincea, nell’attesa della prossima scossa, di quel posto vuoto da occupare prima che arrivi la propria fermata.

Saltimbanchi.


Siamo gente di malaffare noi, mercanti di sogni, illusionisti dell'immagine, giocolieri di parole, trapezisti audaci sul filo invisibile tra realtà e lusinga, funamboli della creatività. Il mondo della comunicazione, del consumismo, del mercato è il palco su cui ogni giorno recitiamo il nostro spettacolo, un Moulin rouge, dove mostriamo a voi, spettatori increduli, la nostra attrazione. Siamo gente di malaffare noi, v’inganniamo le menti con le nostre pompose parole, involucro d’encomi dedicati ad eroi di plastica, che amerete e andrete cercando, per sentirvi parte di un mondo che noi, artisti dell'illusione, impacchettiamo per voi. Un mondo d’apparenza, false promesse, sogni di carta, parole ricercate. Forse un giorno vi sveglierete e vi renderete conto che è soltanto un gioco di luci, una scenografia studiata apposta. Vi alzerete dalla vostra poltrona e lascerete la sala, pensando che forse quell'inganno non sia poi così male rispetto alla realtà che c'è là fuori. Nel frattempo, noi continueremo a danzare sul can can della creatività, perchè, come in ogni opera che si rispetti, lo spettacolo deve continuare.

giovedì 29 novembre 2007

Il Viaggio.


Le persone amano viaggiare. Forse non tutte, ma per la maggior parte della gente è così.
Le persone amano viaggiare perché il viaggio è un fuggire dalla propria routine, dalla propria realtà, spesso anche da se stessi. Quando vivi troppo a lungo in un posto questo finisce per appartenerti, possederti, diventare un' estensione di te stesso e andarsene significa spesso abbandonare quell’io fatto non solo di ossa e sangue, ma anche di asfalto e mattoni. Le persone amano viaggiare e lo fanno anche con la mente non serve un treno, un aereo, una macchina per allontanarsi a volte basta solo chiudere gli occhi. Come in una sala cinematografica, la luce si spegne, tutto intorno è silenzio, il proiettore si accende e via comincia il viaggio. Orizzonti lontanissimi, disegnati dal tempo. Pelli straniere non solo agli occhi, ma anche alle mani che mai le toccheranno. Paesi mai visti, forse solo immaginati, frutto di visioni create dalla mente, distorte dal racconto distratto di sogni troppo seducenti e dolci perché l’invidiosa realtà possa dargli sostanza.

martedì 27 novembre 2007

Piccola grande donna.


Martedì 27 ottobre ore 15:20, un giorno qualunque, ma per te, per noi,
che emozione, che soddisfazione accompagnarti all'aeroporto, vederti partire, saperti laggiù a dare il meglio di te stessa e rendermi orgogliosa ancora una volta. Quanti abbracci, baci, raccomandazioni, neanche stessi partendo per la guerra, ma la gioia è stata talmente grande che quel turbinio di emozioni non c’è stato modo di fermarlo. Avrei voluto piangere e più di una volta ho spinto le lacrime giù nel cuore, che ha stentato a galleggiare.
No niente lacrime, anche se di gioia, è un giorno troppo speciale, la mia sorellina in viaggio per Madrid, a dimostrare a tutti che vale la pena rincorrere i propri sogni. Che tenerezza però saperti lassù, in viaggio verso una nuova città, una nuova sfida, sola, con quella valigia carica di idee, forza di volontà, voglia di mettersi in gioco e dimostrare ciò che vali, per noi e per te stessa, con quell’ amabile timidezza che ti contraddistingue da sempre ed è impossibile nascondere. Forza sorellina è il tuo momento, il tuo riscatto, metticela tutta e fallo anche per noi. So che ce la farai, che ci renderai fiere di te, perchè tu sei fatta così, sai qual'è la tua strada e hai ben tracciato in mente il cammino da percorrere, perciò, corri piccolina, anzi vola, questa è solo la prima tappa di uno straordinario viaggio che ti aspetta, che darà un senso a quelle notti insonni passate a chiederti se ce l'avresti fatta e che vedrà realizzati i tuoi desideri e le tue speranze.

Buon viaggio Sorellina.

giovedì 22 novembre 2007

Prima tappa.

Ciao piccolina, mi fa strano chiamarti così, ora tanto piccola non lo sei più, oggi compi 19 anni si può dire che tu stia diventando grande, anche se, grande, lo sei sempre stata, chissà forse perché fai parte di quella generazione che è cresciuta più in fretta rispetto alla mia, anche se ci dividono solo pochi anni. Lo ricordo come se fosse ieri, il primo giorno che zia ti portò a casa, eri piccolissima, un fagotello rosa con i capelli dritti in testa, ricordo che ti guardai, fasciata come una mummietta in quella copertina di lana. Guardai nonno, nonna, mamma, papà, tutti intorno a te, l’ultima arrivata in famiglia e provai una strana sensazione, la stessa che forse provano tutti i primogeniti quando arriva un altro componente in famiglia, quando cominciano ad insegnarti la parola “nostro” perchè “mio” da quel momento non esiste più. Per Dani era diverso, a lui niente lo ha mai sconvolto più di tanto e poi crescendo con me l’idea del figlio unico l’aveva abbandonata gia da tempo, per me invece è stato un trauma, non lo so il perché infondo anch’io figlia unica non lo sono mai stata, tuttavia pensai “ Ecco, fine dei giochi”. Tu, con quelle guanciotte rosa, quei passi stentati, quelle manine che andavano agguantando qualunque cosa, eri un pericolo per tutti i miei giocattoli, che immaginavo in un angolino a pregarmi di metterli al sicuro da qualche parte. Crescendo le cose non sono cambiate affatto, anzi, sempre peggio, infatti, riposti i giocattoli si andava di fantasia, allora si giocava ai cowboy, in cui tu naturalmente rivestivi sempre il ruolo dell’indiano, era l’unico modo per ucciderti o rinchiuderti in qualche riserva oppure a guardie e ladri, indovina chi faceva il poliziotto? Nascondino, acchiapparella e via dicendo. Poi in un batti baleno sono passati gli anni, i litigi, il risentimento,la gelosia e quel voler rivendicare il diritto di precedenza ha lasciato il posto ad un amore immenso, profondo, eterno. Mi è cresciuto accanto quel fagottello ed io non me ne sono nemmeno resa conto, un giorno mi sono girata e ho visto una ragazza, una donna, con tutte le paure, i desideri e le aspirazioni che fanno parte del gioco di quell’età. Non credere cuginetta, quelle paure non diminuiranno crescendo oh no, anzi, diverranno sempre di più, ma saranno diverse, passerà la paura degli esami e di fare la scelta giusta, ma comincerà quella più grande, quella del crescere, del diventare adulti, del sapere che finiti i giri di giostra bisogna scendere, vivere e mettersi in gioco davvero. Finiti gli allenamenti, comincia la partita, che ti vedrà correre incontro a quella palla che saranno i tuoi sogni e sugli spalti, sempre loro, quelli che fanno il tifo per te da sempre, o quasi. Non ti voglio spaventare, figurati se ci riesco, sei sempre stata la spericolata della famiglia a 15 anni avevi gia il buco all’ombelico, io ne ho 25 e sto ancora pensando se mi farò mai il secondo all’orecchio. So che non ti farai abbattere, non con quel carattere, con quella ostinazione che ti distingue da sempre, fin da piccola, quando si giocava insieme e ti ostinavi sul voler fare il cowboy o il ladro, fino al punto che rompevi talmente le balle che ti accontentavamo “Ooh vabbè! Tu fai il cowboy”. L’unico di tutto un esercito che, naturalmente, veniva colpito per primo dalle frecce di noi indiani. Non importava però, anche se per poco tempo, lo eri stata un cowboy e questo ti bastava, il tuo sogno lo avevi realizzato, poi naturalmente tornavi a fare l’indiano che finiva comunque male ma almeno restava in scena un po’di più. Perciò, per tutte le volte che non te l’ho mai scritto, non te l’ho mai detto, ed è vero, per tutte le volte che non te l’ho mai dimostrato, ti scrivo ora, in una sera speciale di un giorno speciale, un pensiero che per troppo tempo ho tenuto chiuso in un cassetto, gelosamente custodito tra tutti i miei “prima o poi glie l’ho dirò”. Cammini nei ricordi di un’infanzia che non tornerà mai più, ma che tu senza volerlo hai contribuito a rendere straordinaria. Fai parte di un passato fatto di favole, raccontate sotto le coperte nel lettone di nonna, fatto di cioccolata, cuscinoni, cartoni animati, giocattoli e storie inventate, un passato che tengo custodito nel cuore, scritto sulla pelle, disegnato sulle pareti della memoria. Riflessi nei tuoi occhi vedo gli stessi volti che trovo riflessi nei miei, ogni volta che mi guardo allo specchio, quelli di nonna e nonno che ci hanno cresciuto, coccolato, insegnato, sgridato e lasciato gran parte del buono che ci portiamo dentro. Tu sei quegli anni, sei parte di me e di quella vita ancora tutta da plasmare, da scoprire, da vivere, da odiare, da amare. Sei parte di un passato che ha contribuito a fare di me quella che sono oggi. C’eri all’ora e ci sarai sempre.

martedì 20 novembre 2007

Buio.


Da che ho memoria, quindi da una settimana a questa parte, forse è ora che io smetta di drogarmi.
Ok ricomincio. Allora, dicevo, fin da piccola, ho sempre avuto paura del buio, b-u-i-o, la sola parola sembrava celasse qualcosa di misterioso, soprannaturale, pauroso ed effettivamente se si analizza la parola "buio", si nota che è formata dalle parole "bu" e "io". Ora la parola "bu", come tutti sanno, fa parte del nostro vocabolario come suono onomatopeico per incutere timore a qualcuno.
Quante volte vi sarà capitato nella vita di saltare da dietro un muro con lo scopo preciso di terrorizzare il disgraziato vittima del vostro scherno? A questo proposito, ricordo le volte che io stessa sono stata vittima di questa goliardica burla, soprattutto da bambina. Questo gioco infatti era il preferito di quel gran simpaticone di mio cugino che, essendo più piccolo di me di 3 anni, tentava spesso di pareggiare il conto terrorizzandomi a morte con questo scherzo del c... a mio avviso poco carino, togliendomi anni di vita.
Ricordo una volta in particolare in cui il mattacchione si nascose dentro l'armadio per un quarto d'ora, prima di saltare fuori spalancando le ante urlando come un pazzo "Buuu!" "Maledetto!", cosa avesse fatto la dentro per 15 minuti, l'idiota, non se lo ricorda più, perciò caduta nell'oblio la motivazione ho smesso anch'io di chiedermelo.
Comunque, essendo la più grande, lo presi da parte cercando di fargli capire, in modo gentile, che non avrebbe dovuto farlo mai più. "Dani hai rotto la minchia". Intento che purtroppo non andò a buon fine.
L'altra parola poi, di cui è composta la parola buio è "io", bu-io, il che farebbe pensare a io "bu", ovvero io "paura", il che a sua volta farebbe pensare a "io metto paura" oppure più appropriato "paura io ", che equivarrebbe all'espressione colloquiale "Che paura!", "Che spavento!", "Che scagaccia!" e via dicendo. Intuisco dalle facce che vi state perdendo, perciò andrò oltre.
Il buio tuttavia, pur mantenendo, ovviamente, il suo lato oscuro, nel diventare grandi, acquista familiarità, divenendo quasi un compagno, un complice direi, soprattutto in occasioni particolari. In primis quando, a letto col proprio partner gli si chiede di tenere la luce spenta perchè "Sai mi vergogno, su queste cose sono timida", geniali menti femminili...timida un cacchio!Di piuttosto che far scoprire al tuo lui di essere uscito con la sorella dell'uomo di Neandertal rovinerebbe quel poco di sex apple che hai cercato di ostentare per tutta la serata. 
Perchè sentire è un conto, potrebbe anche reggere la scusa del cane salito sul letto, ma vederli....quindi, clic, via la luce e problema risolto, più o meno.
Oltre che complice sa essere però anche bastardo, tipo quando arriva senza che tu l'abbia voluto, ovvero, salta la corrente e tac, buio pesto. "Cacchio!" e le candele, come da copione, sono sempre nella stanza più lontana da dove ti trovi in quel momento.
Cominci allora ad avventurarti nei meandri di casa camminando a tastoni come un ceco, urtando, come da copione, tutto quello che c'è di urtabile nel raggio di 50 metri.
Si perchè quando succedono questi imprevisti, è incredibile, non c'è spigolo, piede del tavolo, sedia o bracciolo del divano su cui non ti vai cappottando.
Sembra quasi che i mobili si spostino apposta per far si che ti faccia male, come per vendetta " Tieni bastardo! Questo è per il vino che mi hai fatto cadere sulla tappezzeria!", " Aiahh!Ho preso il bracciolo del divano", " Il divano? Ma non stiamo in cucina?".
Alla fine acciaccato, ferito ed esausto arrivi nel luogo dove sei solito riporre le candele, nell'ultimo cassetto dell'ultimo mobile in fondo alla stanza ed eccole, le candele, o meglio i mozziconi di candele, resti dell'ultima volta che ti sono servite.
Eh si perchè, tu, uomo del 2000, non compri più le candele , ma ti rifornisci di torcia elettrica in caso blackout, siccome però sei anche un coglione di dimensioni stratosferiche ti dimentichi di comprare le batterie e quindi vai comunque cercando le candele. Alla fine, dopo mille peripezie ne accendi una e mentre ti pavoneggi portandola in mano come fosse la fiaccola olimpica...tac, riecco la luce e a te non rimane altro che soffiare sulla candelina, farti gli auguri da solo come un idiota per il tuo non compleanno e pensare " Spegnetemi!".Buio.

sabato 17 novembre 2007

Cose che capitano.


Il mio debutto in quello che poi si scoprì essere un susseguirsi di flop amorosi avvenne esattamente all'età di 12 anni, quando ebbi la sfortuna di prendermi la fatidica "cotta" per un mio compagno di classe, cosa che andò a buon fine, infatti riuscii anche a starci insieme.
Coronai il mio sogno d'amore per un intero giorno, si perché questa fu la durata della mia prima storia d'amore, iniziata alle 8 della mattina di un caldo giorno di Aprile e conclusasi alle 17 :30 del pomeriggio del medesimo caldo giorno di Aprile.
Lui infatti mi disse che forse era meglio rimanere solo amici e che, se 9 ore prima mi aveva detto di "si" accettando di mettersi con me era stato solo per non ferire i miei sentimenti "Che carino!". Io accettai a malincuore e ricordo che ci rimasi abbastanza male, ovviamente niente che una coca-cola e un pacchetto di patatine, generosamente offertemi dalla mia compagna di banco, non potessero guarire. Beata gioventù.
Qualche tempo dopo, il mio ormai ex fidanzato, faceva molto adulta chiamarlo così, diventato ormai il mio miglior amico, perché il detto "se non puoi batterli unisciti a loro" a quel tempo mi pareva sensato, mi disse di essersi preso una fissa per una nostra compagna di classe all'ora una delle mie migliori amichette.
Tempo un mese e i due si ritrovarono mano nella mano a ricreazione, durante la pausa pranzo, persino ad educazione fisica correvano tenendosi per mano, sembrava di essere in uno di quei film romantici alla Herry ti presento Sally "Che bellinii...stronzi!". Comunque, il tempo passa io mi faccio un po' più grande, l'altezza rimane la stessa ma in compenso mi crescono un po' le tette e comincio a sentirmi un po' più donna, il fatto che poi siano rimaste come quando avevo 16 anni è un'altra storia.
L'altra storia d'amore risale proprio a quel periodo, il mio primo vero ragazzo con cui stetti per ben 3 mesi e che poi lasciai miseramente in quanto sostenevo che avevo una vita davanti, non volevo fare le cose di fretta e non volevo sentirmi legata e ovviamente nel dirlo continuavo a sentirmi molto adulta, anche quando rientrando a casa alle 11 mi subivo i caziatoni di mamma. Lui ci rimase molto male così male che per consolarsi si mise con un'altra della sua stessa età, 20 anni, con cui 6 anni più tardi decise di sposarsi e mettere su famiglia. Lo dicevo io che andava di fretta.
Comunque, il mio tour continua con varie new entry nel corso degli anni tra cui ricordo stereotipi maschili diversi dal piacione al geloso, dall'appiccicoso al puttaniere fino ad arrivare allo psicopatico, perché che mondo sarebbe senza psicolabili?
Dulcis in fundo il mio preferito, quello del " Io ti voglio bene ma meglio stronzo che...", non continuerò per rispetto al contesto in cui scrivo e perché con questa bocca bacio la mia mamma, ma sono ben sicura che le persone a me più intime e care abbiano capito a chi e a cosa mi riferisco e come me si stiano facendo grasse risate.

Linea di confine.


Vivo al mare, in realtà ora vivo in città ma ho sempre vissuto al mare, almeno da quando ho memoria. Credo di aver detto mare ancora prima di dire mamma.
Forse se avessi avuto la capacità d'intendere e di volere mi sarei opposta con tutte le mie forze all'idea dei miei di andare a vivere lì, perchè in fondo quel paesello l'ho sempre sentito stretto addosso, ragione che mi ha portato a frequentare le scuole superiori e poi l'università fuori da quella piccola realtà. Forse perchè è sempre tutto così tranquillo, scontato.
Il tuo destino lo leggi scritto negli occhi della gente che incontri continuamente, andando a fare la spesa o passeggiando in spiaggia.
Lo leggi sui muri, gli stessi muri accanto alle vetrine dei negozi nei quali un giorno o l'altro farai domanda di lavoro. Prevedibile , ovvio, semplice.
Io ho scelto la città proprio per questo, perchè non c'è niente di scontato, tutto è più veloce, più enfatizzato.
In una parola, opportunità, le puoi trovare girando l'angolo o imboccando una strada diversa da quella che prendi di solito.
Le persone che si incontrano poi, potrai incrociarle una volta, per caso e quella sarà forse l'unica tua occasione di conoscerle, se la perdi rischi di non rivederle mai più per tutto il resto della tua vita e chissà cosa ti sarai perso, che straordinario personaggio avresti conosciuto.
Però è vero anche che quelli che hanno vissuto anche solo per poco tempo vicino al mare li riconosci subito, perchè glie lo intravedi negli occhi.
Non importa che abbiano occhi chiarissimi o color dell'ebano se li guardi bene in fondo alle pupille lo puoi vedere quel filo sottile, dove l'acqua si tocca con l'aria e il cielo accarezza le onde lontanissime. Si perchè il mare te lo porti dentro, quella pace, quel silenzio, quell'assurdo senso di libertà ti entra nelle vene ti scorre nel sangue e ti possiede come un demone.
Allora puoi sentire, percepire cose su un piano metafisico più elevato perchè hai imparato ad ascoltare l'acqua.
La gente di mare, sono quelli abituati a guardare al di là delle apparenze, perchè chi è solito guardare il mare ha una visione diversa della vita, più lunga oserei dire.
Sono quelli che hanno scrutato spesso quel confine e sanno che l'orizzonte non lo conescerai mai, puoi solo immaginarlo, l'orizzonte è solo tuo, è un pensiero privato una convenzione visiva, ma sanno anche che al di là di quel confine ce ne è un'altro che aspetta.
Un orizzonte di mari e di cieli di terra forse e cominciano ad immaginare terre lontanissime, paesi mai visti, gente mai incontrata, con lo stesso identico quadro dipinto in fondo alle pupille.

C'è chi cerca l'altra metà della mela io sto ancora cercando la mia mezza.


Quante volte l'ho sentita questa storia " Al tempo degli dei dell'Olimpo, quando il mondo era ancora giovane, gli uomini erano come delle palle perfette". A me l'hanno sempre raccontata così, perciò niente facce strane e doppisensi eh...comunque dicevo "Gli uomini erano delle perfette forme concentriche ed erano felici, realizzati, completi. Zeus allora invidioso della felicità dei mortali divise tutti gli uomini in parti perfettamente uguali e li disperse per i mondo.
Da all'ora, ogni uomo vaga per la terra in cerca della propria parte mancante, la propria metà della mela del proprio essere per ritrovare quella felicità e completezza perduta."

Questo quindi è il senso della vita, la passione, l'amore che doniamo e che riceviamo dagli altri o perlomeno ci auguriamo di ricevere e la storia più o meno è sempre la stessa.
Lo vai cercando quell'amore in lungo e in largo, per strada, dentro i bar, mentre sei in fila alla cassa di un supermercato con i mano solo un barattolo di Nutella. Noti poi che la signora davanti a te a un carello stracolmo di roba e il marito dietro di lei ne spinge uno ancora più straripante, tanto che ad un certo punto cominci a pensare che sia scoppiata la III guerra mondiale e tu non lo sai perchè alle 8 di sera guardavi Willy e Grace invece che il Tg3, " Cacchio lo sapevo! Poi quella puntata l'avevo pure vista".
Lo vai cercando negli occhi della gente che incroci per caso, davanti la vetrina di un negozio, mentre aspetti il verde ad un semaforo,mentre sei in pub con amici ad alcolizzarti allegramente. Ad un certo punto ti accorgi che quel tipo all'ultimo tavolo vicino la porta comincia a fissarti intensamente, ti scruta,cerca di allungarsi con lo sguardo verso la tua direzione e tu che te ne rendi conto, lusingata, cominci col tirartela un pò , a far finta di niente " Che cavolo se mi giro subito e lo guardo potrebbe focalizzare le scritte che stanno cominciando ad apparirmi in fronte: VOGLIO UN UOMO!".
Lui continua a fissarti intensamente, sempre più intensamente, sembra quasi che vorrebbe penetrarti con gli occhi,leggerti dentro, passarti attraverso ed è effettivamente quello che sta tentando di fare da più di un quarto d'ora perchè in realtà è interessato all'amica che ti sta accanto e tu gli stai togliendo la visuale.
La storia più vecchia del mondo, lei ama lui e lui ama un'altra e l'altra è quasi sempre la tua migliore amica.
Poi un giorno, così per caso, senza un motivo preciso, senza che tu abbia fatto o detto qualcosa che in un modo o nell'altro avrebbe potuto scatenare quell'evento, accade. Lo incontri, l'uomo della tua vita, la tua mezza mela, la tua anima gemella, la tua parte mancante e tutto improvvisamente cambia, la tua vita, tu stessa cambi.
Il sapore del cibo, gli odori della città, i colori, tutto è più magico come ricoperto da una patina rosa e ti rendi conto di essere tu quella faccia di ebete riflessa nello specchio, è tuo quel sorriso idiota che tiene stampato in faccia.
Come ogni storia che si rispetti, ecco la parte più bella, quella del corteggiamento degli inizi del chissà se chiama " Oh momento che è sto rumore?..forse no, però...aspetta!eppure mi sembrava il telefono" e se non chiama "Oh lo sapevo questo è un'altro stronzo sicuro! Però magari se dimenticato il cellulare. che faccio lo chiamo io..? E se risulto pesante..?Non chiamo! E se poi pensa che non me ne frega niente? Magari aspetto".
La parte che preferisco però è quella del " Rispondo al primo squillo o lo faccio squillare un pò?..Bho..poi vedo..oh che è? lo senti?...è il telefono? ".
Bello però pensare a quanto ci si rende teneramente ridicoli quando si è innamorati. Quando si è lì ad aspettare un messaggio, che nove volte su dieci è gente che non senti da una vita e che guarda caso si ricorda di te proprio in quell'istante.
Ti catapulti a raggiungere il telefono col cuore in gola, sbatti il mignoletto alla gamba del tavolo, perdi l'equilibrio, cadi, dai una testata al pavimento ti procuri un trauma cranico e poi leggi: "Ciao forse non ti ricordi di me ma eravamo in classe insieme alle medie... bhè fatti sentire ciao ciao. Maria".

Mariaaaaa!!!!! cazzo vuole Mariaaaaa non stavamo neanche nella stessa sezionee...Aiaaahh!!!!!".

Quando i minuti non sono più minuti ma reincarnazione di vite e nell'attesa di quel messaggino sei morta e rinata almeno 1000 volte, scalando tutta la catena alimentare, sei stata zanzara , cormorano, elefante.
Poi un bel giorno le cose cambiano, non che avvenga sempre così, comunque le cose cambiano e allora addio lunghe attese, addio picci picci mucci mucci, addio frasi del tipo"Amore, ma certo che ci andiamo insieme a comprare il servizio di piatti thailandese per il compleanno di tua madre al centro commerciale dall'altra parte di Roma alle 6 di sabato pomeriggio quando tra due ore comincia il derby.
Magari lo seguo alla radio, anzi no dai sentiamoci per tutto il tragitto l'ultimo singolo di Michele Zarrillo è la nostra canzone!".
Tutto cambia, finiti i giri di giostra tu ti trasformi nella testimonial ufficiale del Moment " Tesoro stasera no guarda..ho un mal di testa.." e lui per tutta risposta si consola con 11 uomini in mutande a cui dedica la sua attenzione per tutto il fine settimana, tramutandosi nella classica figura mitologica del metà uomo e metà divano.
A questo punto ti rendi conto di una verità assoluta, ossia quella che mentre tu hai in mano una mezza mela la sua metà è in realtà un limone.
Rotondi lo sono, a toccarsi si toccano, ma non combaciano non coincidono perfettamente, niente, nada, caput.
Perciò pensi " Cacchio! ho sbagliato frutta! Non va!!E' rotta!Perchè la mia è rottaaaa???".
Io da parte mia sto ancora cercando il mio mezzo frutto, che sia una mela , un'arancia, un cocomero o un kiwi ancora non lo so, magari però prima trovo il mio e poi andrò cercando l'altra parte.