Ciao piccolina, mi fa strano chiamarti così, ora tanto piccola non lo sei più, oggi compi 19 anni si può dire che tu stia diventando grande, anche se, grande, lo sei sempre stata, chissà forse perché fai parte di quella generazione che è cresciuta più in fretta rispetto alla mia, anche se ci dividono solo pochi anni. Lo ricordo come se fosse ieri, il primo giorno che zia ti portò a casa, eri piccolissima, un fagotello rosa con i capelli dritti in testa, ricordo che ti guardai, fasciata come una mummietta in quella copertina di lana. Guardai nonno, nonna, mamma, papà, tutti intorno a te, l’ultima arrivata in famiglia e provai una strana sensazione, la stessa che forse provano tutti i primogeniti quando arriva un altro componente in famiglia, quando cominciano ad insegnarti la parola “nostro” perchè “mio” da quel momento non esiste più. Per Dani era diverso, a lui niente lo ha mai sconvolto più di tanto e poi crescendo con me l’idea del figlio unico l’aveva abbandonata gia da tempo, per me invece è stato un trauma, non lo so il perché infondo anch’io figlia unica non lo sono mai stata, tuttavia pensai “ Ecco, fine dei giochi”. Tu, con quelle guanciotte rosa, quei passi stentati, quelle manine che andavano agguantando qualunque cosa, eri un pericolo per tutti i miei giocattoli, che immaginavo in un angolino a pregarmi di metterli al sicuro da qualche parte. Crescendo le cose non sono cambiate affatto, anzi, sempre peggio, infatti, riposti i giocattoli si andava di fantasia, allora si giocava ai cowboy, in cui tu naturalmente rivestivi sempre il ruolo dell’indiano, era l’unico modo per ucciderti o rinchiuderti in qualche riserva oppure a guardie e ladri, indovina chi faceva il poliziotto? Nascondino, acchiapparella e via dicendo. Poi in un batti baleno sono passati gli anni, i litigi, il risentimento,la gelosia e quel voler rivendicare il diritto di precedenza ha lasciato il posto ad un amore immenso, profondo, eterno. Mi è cresciuto accanto quel fagottello ed io non me ne sono nemmeno resa conto, un giorno mi sono girata e ho visto una ragazza, una donna, con tutte le paure, i desideri e le aspirazioni che fanno parte del gioco di quell’età. Non credere cuginetta, quelle paure non diminuiranno crescendo oh no, anzi, diverranno sempre di più, ma saranno diverse, passerà la paura degli esami e di fare la scelta giusta, ma comincerà quella più grande, quella del crescere, del diventare adulti, del sapere che finiti i giri di giostra bisogna scendere, vivere e mettersi in gioco davvero. Finiti gli allenamenti, comincia la partita, che ti vedrà correre incontro a quella palla che saranno i tuoi sogni e sugli spalti, sempre loro, quelli che fanno il tifo per te da sempre, o quasi. Non ti voglio spaventare, figurati se ci riesco, sei sempre stata la spericolata della famiglia a 15 anni avevi gia il buco all’ombelico, io ne ho 25 e sto ancora pensando se mi farò mai il secondo all’orecchio. So che non ti farai abbattere, non con quel carattere, con quella ostinazione che ti distingue da sempre, fin da piccola, quando si giocava insieme e ti ostinavi sul voler fare il cowboy o il ladro, fino al punto che rompevi talmente le balle che ti accontentavamo “Ooh vabbè! Tu fai il cowboy”. L’unico di tutto un esercito che, naturalmente, veniva colpito per primo dalle frecce di noi indiani. Non importava però, anche se per poco tempo, lo eri stata un cowboy e questo ti bastava, il tuo sogno lo avevi realizzato, poi naturalmente tornavi a fare l’indiano che finiva comunque male ma almeno restava in scena un po’di più. Perciò, per tutte le volte che non te l’ho mai scritto, non te l’ho mai detto, ed è vero, per tutte le volte che non te l’ho mai dimostrato, ti scrivo ora, in una sera speciale di un giorno speciale, un pensiero che per troppo tempo ho tenuto chiuso in un cassetto, gelosamente custodito tra tutti i miei “prima o poi glie l’ho dirò”. Cammini nei ricordi di un’infanzia che non tornerà mai più, ma che tu senza volerlo hai contribuito a rendere straordinaria. Fai parte di un passato fatto di favole, raccontate sotto le coperte nel lettone di nonna, fatto di cioccolata, cuscinoni, cartoni animati, giocattoli e storie inventate, un passato che tengo custodito nel cuore, scritto sulla pelle, disegnato sulle pareti della memoria. Riflessi nei tuoi occhi vedo gli stessi volti che trovo riflessi nei miei, ogni volta che mi guardo allo specchio, quelli di nonna e nonno che ci hanno cresciuto, coccolato, insegnato, sgridato e lasciato gran parte del buono che ci portiamo dentro. Tu sei quegli anni, sei parte di me e di quella vita ancora tutta da plasmare, da scoprire, da vivere, da odiare, da amare. Sei parte di un passato che ha contribuito a fare di me quella che sono oggi. C’eri all’ora e ci sarai sempre.
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